Nell’arte di Paolo Tosti c’è un rigore compositivo fermissimo, grande fedeltà verso il proprio lavoro costituito da principi solidi, è un artigiano divino, un demiurgo. Nello scolpire usa l’inconscio, nel rifinire usa una programmatica precisione, ottenendo linee e forme pulite, essenziali. Riesce a creare quel vuoto che la sua mano apre per dare quel pieno, generando da un unico concio di pietra un’unica scultura, senza interruzioni. Ogni elemento appartiene ad un tutto: vuoto, pieno, ombra, luce, attesa, silenzio, sono segni visibili in tutte le sue opere. Annega tutto se stesso nel gesto inconscio dello scolpire: forza, passione, ricerca della verità gli servono per dare voce all’anima dei luoghi. Si ispira alle archeologie urbane e industriali, abbandonate dallo spirito del tempo: i volumi delle strutture, rigidamente costrette in linee orizzontali e verticali, devono diventare altro. Nell’arte non formale dei collages-disegni, eseguiti essenzialmente con materiali industriali come il bitume, i segni e le forme non vogliono essere riconoscibili, si allontanano dalla realtà. Fondi chiari o neri mettono in evidenza segni mischiati a disegni, colori, materiali, che parlano, raccontano una storia, una memoria di un tempo e di un luogo lontano. Un’architettura abbandonata e silente diventa quadro, il quadro diventa scultura emozionale: il tutto è un prodotto della metamorfosi. Paolo Tosti ha lo straordinario talento di saper attingere ai campi morfici dei luoghi dismessi, assorbe tutte le memorie antiche di un tempo vissuto passato; le vive, le respira, le ingloba e le deforma, restituendoci nell’arte, forme e spazi infiniti. Lo stato archetipo primitivo della natura, nella sua purezza, semplicità e non linearità, torna a vivere nelle sue opere. Il pensiero razionale dell’essere umano deve andare al di là di ogni definizione. Dai tempi dei tempi, l’uomo ha sempre temuto ciò che sfugge al proprio controllo, l’indefinito, l’àpeiron, cercando di definire ogni cosa, a partire dai nomi. Le cose nominate acquistano una precisa identità, diventano esclusive. Il nome è un valore distintivo, conoscerlo significa padroneggiarlo con il pensiero. Tutto ciò che sfugge alla ragione, alla capacità di comprensione, l’ignoto, è sempre stato fonte di paure ancestrali e, insieme, di attrattiva, origine di ogni curiosità. È proprio l’indefinito, il pensiero libero, senza limiti, che trova l’artista, stravolgendo il concetto di definito, di verticalità, dove la linea ortogonale diventa ortogonale minima, annullandosi.
Paola Gennari